Rinus Michels, l’inventore del calcio totale
Le nuove generazioni conoscono a memoria le prodezze del Barcellona di Pep Guardiola e il suo celeberrimo “tiki-taka”, ma forse non tutti sanno che questa modalità di gioco non è altro che la più recente deriva di una svolta paradigmatica partita da lontano e iniziata proprio grazie all’olandese Rinus Michels.
Un visionario che, dagli anni ’60 fino agli inizi degli anni ’90, ha cambiato faccia prima all’Ajax, poi al Barcellona e, infine, alla nazionale olandese.
In quasi trent’anni di carriera, pur non avendo portato a casa una percentuale di vittorie da capogiro, è stato il regista di una ribellione che ha indirizzato il mondo del calcio verso una direzione diametralmente opposta a quella precedente.
Prima del suo avvento c’erano il catenaccio e la volontà di vincere le partite con la forza delle caratteristiche dei singoli, sulla base degli scontri uno contro uno; in campo si notavano giocatori slegati che cercavano il gol in maniera disomogenea e senza una vera visione d’insieme, dato che ognuno rimaneva rinchiuso nel suo ruolo specifico.
Una filosofia di gioco che assomigliava molto al vecchio adagio “io faccio il mio, tu fai il tuo”. Rinus ha completamente stravolto questo modo di pensare, trasformando un gruppo in una vera e propria squadra, un’orchestra che segue un unico spartito, proprio quello del suo allenatore.
La rivoluzione di Rinus Michels
I nuovi principi di gioco imposti dal coach olandese possono sembrare scontati agli occhi di un appassionato contemporaneo, ma per l’Europa degli anni ’60 erano una trasformazione a 360°. Questa vera e propria rivoluzione porta il nome di un club e di una stagione ben precise e indimenticate: Ajax, stagione 1965/1966.
Rinus Michels ha solo 37 anni, una carriera da calciatore mediocre alle spalle e un lavoro come insegnante di educazione fisica quando gli viene affidato l’arduo compito di ricostruire la squadra dei lancieri olandesi.
I pronostici, come spesso accade prima delle grandi svolte storiche, sono contro di lui, ma, nonostante ciò, la squadra si affida senza remore al suo nuovo allenatore.
Fin dalle prime sessioni di allenamento lo stratega ha le idee chiare, possiede infatti un progetto di gioco ambizioso su cui lavorare con pazienza. Sul campo regna la disciplina: sessioni di ripetute infinite, preparazione atletica massacrante e nuovi schemi di gioco da imparare a memoria.
Tutto questo non era però scontato: all’epoca i giocatori biancorossi erano semiprofessionisti, molti avevano già un lavoro e potevano permettersi di allenarsi solo nel tempo libero. Un ostacolo per le prospettive rivoluzionarie di Michels.
Il coach capisce subito, quindi, che deve modificare questa mentalità e propone alla società di stipulare dei contratti con tutti i giocatori così che possano dedicare il 100% del loro tempo e della loro concentrazione per il successo del progetto. Da questo punto parte una vera e propria svolta.
L’Ajax diventa una squadra moderna a tutti gli effetti – così come la intenderemmo oggi – e può finalmente mettersi a disposizione dei nuovi schemi senza alcuna distrazione.
Da quel momento, per Rinus Michels inizia la vera partita.
La tattica di Rinus Michels
La base della nuova tattica messa a punto da Rinus Michels è il ribaltamento di prospettiva: ciascun giocatore non lavora più per sé stesso, si abbandonano i classici schemi situazionali e gli undici in campo imparano a seguire una tattica preparata a tavolino nei minimi dettagli.
Ogni movimento, ogni passaggio, ogni recupero e ogni contropiede verso la porta avversaria deve essere coordinato e supportato organicamente: il successo di tutti dipende dalla coordinazione e dalla predisposizione al sacrificio di ogni elemento.
Questo tipo di gioco, infatti, funziona solo se tutti gli ingranaggi seguono le stesse direttive e si mettono a disposizione dei compagni, sulla base del principio dell’interscambiabilità dei ruoli.
Un giocatore che si muove in avanti sa che il suo terreno verrà coperto da un compagno, e viceversa.
Nessuno è legato e rinchiuso nella sua frazione di spazio e, così facendo, un terzino che si alza sulla fascia verrà supportato nell’azione dai centrocampisti, sempre pronti a fare incursione nell’area di rigore.
Nessuna azione è fine a sé stessa, tutto deve scorrere come un meccanismo ben oleato. Senza errori.
Altri punti fermi della filosofia “michelsiana” sono le transizioni rapide, il possesso palla e i passaggi veloci, con la squadra costantemente pronta a muoversi come un branco in caso di perdita del pallone.
Avere la peggio in un contrasto in una zona pericolosa fa subito partire un pressing sistemico verso la metà campo avversaria così da impedire il contropiede; parallelamente la squadra in difesa sale, accorciando le linee di gioco, chiudendo gli spazi e facendo scattare la trappola del fuorigioco.
Per di più, le tecniche messe a punto da Rinus Michels godono di una stella che ha brillato in campo come pochi nella storia: Johan Cruijff. Il talentuoso regista numero 14 si trasforma rapidamente grazie anche (e forse soprattutto) agli insegnamenti di Michels, suo mentore d’eccezione, nella leggenda calcistica che tutti noi conosciamo.
Un giocatore non solo creativo, ma che per merito delle lezioni del maestro riesce a coniugare costanza, mobilità e intelligenza tattica.
Le vittorie di Rinus Michels con i club
La storia però si realizza durante le partite, sono quei 90 minuti in campo che segnano la linea di demarcazione tra un’idea in teoria e un progetto concreto; dopo la svolta nella filosofia e negli allenamenti, Rinus è chiamato a dimostrare la forza della sua ribellione sul terreno di gioco, e non si fa attendere
Nella stagione 1965/1966, dopo anni di digiuno e una retrocessione sfiorata, l’Ajax torna Campione d’Olanda. A suggellare la cavalcata trionfale dei biancorossi, che si lasciano alle spalle in classifica il Feyenoord, non può che essere un gol del solito Cruijff, durante una rocambolesca ventottesima giornata di campionato.
Non vincono solo un allenatore con la sua squadra, ma a trionfare è un’idea nuova di calcio.
Le stagioni successive non fanno altro che accrescere il mito Michels nei Paesi Bassi. L’allenatore visionario guida infatti l’Ajax alla vittoria di altri tre campionati olandesi nel 1967, 1968 e 1970 e a una triplice riconferma in Coppa d’Olanda.
La svolta tattica, quindi, funziona e raccoglie i primi frutti; la squadra si conosce alla perfezione e per gli addetti ai lavori vederla giocare è come ascoltare una sinfonia.
Una volta ottenuta la supremazia in patria, tuttavia, a Rinus tocca l’arduo compito di dare spettacolo anche nei maggiori teatri d’Europa.
Nuovo obiettivo e nuova montagna da scalare: la vittoria della Coppa dei Campioni. In questo frangente, il percorso di affermazione si rivela più ostico: nel 1969 l’Ajax riesce ad approdare alla finale contro il Milan di Nereo Rocco che però si dimostra superiore e interrompe il sogno biancorosso.
Una delusione, questa, che non spegne gli animi ribelli dell’allenatore e dei suoi giocatori; gli schemi non cambiano, anzi si perfezionano e, come ogni favola che si rispetti, una seconda chance di conquista arriva appena due anni dopo.
Siamo nel 1971, la finale si disputa a Wembley e gli avversari sono i greci del Panathinaikos di Puskas. Si tratta di una partita a senso unico: vince l’Ajax 2-0, praticamente nascondendo la palla e tenendo sempre le redini del gioco salde. Il generale olandese arriva sul tetto d’Europa.
Vinta la Coppa, Michels decide di lasciare la sua macchina perfetta in mano a un nuovo tecnico, Stefan Kovacs, che continuerà a percorrere il cammino controcorrente inaugurato dal Generale. Rinus, a quel punto, decide di esportare la sua filosofia di gioco in Spagna e firma un contratto con il Barcellona, squadra affamata di rivincita contro gli storici rivali del Real Madrid.
E i risultati, anche in terra spagnola, non si fanno attendere: il tecnico olandese porta infatti i blaugrana alla vittoria di una Coppa del Re e di un Campionato spagnolo, suggellate dalla lezione impartita ai madrileni, sconfitti nel loro stesso stadio per 0 a 5, nel 1974.
L’avventura di Rinus Michels con la nazionale: l’arte della sconfitta
L’altra grande avventura che segna la carriera dello stratega è stata quella con la nazionale olandese, guidata a più riprese, tra 1974 e 1992. La squadra viene modellata sull’esempio dell’Ajax e del Barcellona e la filosofia è ancora quella del calcio totale che ha reso grande il nome di Michels in Europa.
Un gioco che ha stregato per i suoi ritmi, la sua flessibilità e la sua vocazione offensiva abbinata a un pressing asfissiante.
L’occasione di vittoria di quello che avrebbe potuto essere il primo titolo mondiale per gli Orange si presenta subito nel 1974.
I Mondiali si giocano in Germania e Rinus Michels porta la sua Olanda in finale grazie a una cavalcata che sembra destinata a trionfare sulla squadra in cui gioca, in difesa, Franz Beckenbauer.
La macchina perfetta però si ferma sul più bello: in finale, in vantaggio dopo appena 1’ di gioco, il gruppo si sfalda vittima della troppa sicurezza e di una mancata decisione nel perseguire il raddoppio che avrebbe messo in cassaforte il successo.
La storia, quindi, dice altro: la Germania recupera e, a differenza degli Orange, non si dimentica di fare il gol del sorpasso.
I tedeschi sono campioni e possono festeggiare nel loro stadio, in mezzo al loro pubblico.
Argentina, 1978. Una seconda chance di rivalsa viene immediatamente offerta all’Olanda e al suo tecnico ribelle nell’edizione successiva del Campionato del Mondo, ma anche in questo caso, come in una maledizione, gli Orange vengono sconfitti in finale dai padroni di casa. Altro secondo posto e la sensazione di amaro in bocca per il mancato riconoscimento internazionale di quella filosofia che aveva ormai cambiato radicalmente il modo di intendere il calcio.
1988. Dopo le cocenti sconfitte con la Nazionale per due edizioni consecutive ai Mondiali, la luce di Rinus Michels sembra destinata a spegnersi, ma il tecnico ha in serbo un ultimo urrà. Gli Orange arrivano in finale agli Europei e stavolta non sbagliano; una mezza ricompensa per il Generale, ma un grande trionfo per la stella di quell’edizione, Marco Van Basten e, sicuramente, una favola per l’Olanda intera che riesce finalmente a mettere in bacheca il suo primo e unico trofeo internazionale.
L’eredità di Rinus Michels
Questa rivoluzione del calcio totale, portata avanti con tenacia e caparbietà, ebbe un punto d’approdo nel 1999, quando Rinus Michels – Marinus Jacobus Hendricus Michels, all’anagrafe – venne insignito dalla Fifa del titolo di “Allenatore del Secolo”, un riconoscimento che, all’epoca, stupì chi nello sport è abituato a controllare solo i freddi numeri.
Lo stratega olandese non era l’allenatore più vincente della storia del pallone, il suo palmares non era colmo di trofei (come quelli di Alex Ferguson o Josè Mourinho, ad esempio), eppure proprio lui, Rinus Michels, è stato il mister che ha rivoluzionato di più la tattica, l’approccio e la filosofia di questo sport.
Come abbiamo avuto modo di vedere, le vittorie non sono state l’elemento più significativo della sua carriera, né il parametro più rilevante per decretarlo miglior allenatore.
Al contrario, a fare la differenza è stata certamente l’eredità lasciata ai suoi imitatori e successori.
Rinus ha influenzato con la sua visione dello spazio, del possesso palla e della coordinazione tutte le generazioni di allenatori successive; molte delle azioni che oggi troviamo familiari sono state pensate e sperimentate da Michels; piantate come dei semi della sua idea di gioco e poi coltivate e portate a maturazione da altri.
Tra questa folta schiera di eredi, impossibile non citare due nomi illustri della caratura di Arrigo Sacchi e Pep Guardiola che, rispettivamente con il Milan e con il Barcellona, hanno saputo cogliere i frutti migliori del lavoro tattico del maestro e, in più, quasi a volersi mettere in competizione con lui, ridisegnare e rivedere il suo progetto, ormai diventato la norma.
E chissà cosa penserebbe, oggi, lo stratega olandese nel sentir definire la propria filosofia di gioco “la norma”. Forse preferirebbe essere una nuova sfida per i futuri ribelli.
E invero, cosa c’è di più ribelle di aver stravolto così tanto le carte in tavola da avere creato, come ha fatto Rinus Michels, un nuovo paradigma che attende solo di essere abbattuto?
La storia di Rinus Michels fa parte di Rebel Stories. Volume II. Puoi scaricarlo qui.
Rebel Vol. 2
Invia il link a: