Agenzia di comunicazione

Storia di un copywriter e delle sue parole per la comunicazione interna della tua azienda

Vi ricordate la pubblicità dell’Ajax, quella in cui diverse donne, cantando una Carmen rielaborata, lanciano il proprio secchio in aria? 

Bene, da piccola ero terrorizzata da quello spot: non per la musica o per il fatto che lanciassero i secchi in testa alle altre donne – questo perché lo spot finiva a metà lancio quindi mi sono sempre chiesta, in base alle più naturali leggi fisiche, quante ne fossero morte o andate in ospedale – ma per quella frase di chiusura, buttata lì, che non mi diceva alcunché. 

Per molto tempo, quindi, il mio dovere, oltre a fare tutti i compiti assegnati a scuola, a giocare a palla avvelenata e a costruire un’altalena sul mandorlo, era quello di ripensare a quello spot, a rifarlo e soprattutto a trovare un nuovo claim. Avevo tante idee, ma nessuna brillante.

Malgrado il mio fallimento – all’epoca pensai fosse colpa di Cuore, il libro di De Amicis, che non volevo assolutamente leggere – capii che c’era qualcosa di molto importante nelle pubblicità che vedevo passare ogni giorno in televisione: le parole.

Le parole sono potenti, sceglierle con attenzione (sto parafrasando)

È una frase che mi è sempre piaciuta. E non tanto per un aspetto puramente stilistico, ma per il potere che le parole hanno, anche di distruggerti.

Fin da piccola, ho sempre creduto che fossero un dedalo intricato di rimandi appena accennati: bastavano poche parole e mi ritrovavo in un attimo in una carrozza con un gatto con degli stivali.

Da adolescente le cose non sono cambiate molto, c’erano parole che mi servivano quotidianamente e altre che mi permettevano di accedere a mondi segreti.

Tuttavia anche quelle che usavo normalmente con i miei amici dovevano essere scelte con cura: per non bisticciare, per convincerli ad andare a una festa a cui non volevano andare, per cauterizzare una ferita o perché ne servivano pochissime per non aumentare il dolore.

È un mondo difficile quello delle parole, e in seguito è diventato anche più complesso. Forse, se avessi fatto un lavoro diverso, avrei potuto dimenticare tutte queste invisibili regole, pensando davvero che una parola potesse essere sostituita da un’altra, e che con tutte le persone e su qualsiasi mezzo si potesse parlare allo stesso modo, con lo stesso linguaggio.

Ma sono un copywriter, e di un’agenzia di comunicazione, va da sé che la questione sia diventata centrale nella mia vita, nel mio lavoro, nella vita di tutti i giorni.

Ti starai chiedendo perché tutto questa dietrologia sulla mia vita, quando hai solo digitato “agenzia di comunicazione”?

La risposta è facile. No, non lo è, ma provo a darla lo stesso.

Se stai cercando un’agenzia di comunicazione, molto probabilmente vuoi cambiare il tuo modo di comunicare, per parlare in modo diverso ai tuoi consumatori o ai tuoi dipendenti (cosa, come vedremo tra poco, estremamente importante) o per cercare di farti notare, oppure ti stai chiedendo quale sia la tua “voce” (nel senso di quale tono usare sui social, quante emoji mettere…), o ancora vuoi solo acquisire dei lead.

Bene per tutte queste cose servono parole – sì è vero anche una buona grafica, una strategia adv, uno sviluppo mobile accessibile a tutti, ma sono un copywriter… è ovvio che per me King e Queen della comunicazione sia il copy.

Comunicazione interna aziendale: buone parole per descrivere cosa sei

Entriamo nel vivo di questa interminabile riflessione: le parole sono una “questione aziendale”?

Ebbene sì. Ogni messaggio, ogni e-mail, ogni chiacchierata nei corridoi ha il potere di costruire ponti o, al contrario, di creare barriere. Per questo è bene comprendere che non stai mandando solo una mail ai tuoi dipendenti, ma stai inviando un testo con molteplici significati.

E se quelle parole non sono chiare, se non hanno un’intenzione alle spalle, se non parlano davvero… rischiano di non essere ascoltate da nessuno.

Ecco 30+ Termini da Usare (o da Evitare)

Chiarezza e trasparenza: dire la verità, anche quando non conviene

La comunicazione interna non può essere solo un elenco di “to do”, un file Excel con scritto chi fa cosa. I tuoi collaboratori – sì, anche quelli del magazzino e quelli che stanno in smart – hanno bisogno di sapere il perché dietro le decisioni: perché si cambia piattaforma, perché si cancella un progetto, perché improvvisamente il caffè in sala break costa 50 centesimi in più. La chiarezza genera fiducia e la trasparenza riduce le voci di corridoio, le insicurezze, i “ma secondo me…”.

I valori non si appendono al muro

Ogni azienda ha dei valori. Almeno sulla carta. Il problema è che spesso restano lì, impolverati nella pagina del “chi siamo” o scritti a caratteri cubitali in sala riunioni… e basta. I valori aziendali contano davvero solo se li vedi in azione: quando il tuo capo ti dà il buon esempio, quando i team si supportano davvero, quando il rispetto per il tempo degli altri diventa una regola implicita, non una frase fatta.

Raccontare questi valori in modo autentico è fondamentale. E qui le parole tornano in scena: storytelling, esempi concreti, testimonianze vere. Comunica cosa sei davvero, non cosa vorresti sembrare.

Inclusività: sentirsi parte, non solo dipendenti

Una buona comunicazione interna non è un monologo. È un dialogo e per essere davvero inclusiva, deve dare spazio a tutte le voci. Ascoltare chi ha appena iniziato, chi lavora da vent’anni, chi ha idee diverse, chi ha bisogno di essere coinvolto in modo diverso.

Un’agenzia di comunicazione può aiutarti anche in questo: creando spazi di confronto, progettando strumenti per il feedback, suggerendo iniziative che promuovano la diversità e il senso di appartenenza. Perché sentirsi parte di qualcosa – davvero – vale molto più di mille newsletter motivazionali.

Strategia: ogni messaggio è un investimento

Comunicare bene non significa “scrivere in italiano corretto”. Significa pensare prima di parlare. Ogni messaggio dovrebbe essere progettato tenendo conto di chi lo riceverà, in che momento, attraverso quale canale, con quale tono. Una news su una riorganizzazione, inviata il venerdì sera via mail, senza un minimo di contesto? Meglio di no.

Feedback e adattamento: comunicare è un processo, non un prodotto

Ultimo punto, ma probabilmente il più importante: la comunicazione interna è viva. Cambia, evolve, si adatta. Deve farlo. Per questo è fondamentale creare un sistema di feedback costante. 

Chiedere. Ascoltare. Cambiare rotta, se serve.

Qui, l’agenzia di comunicazione non fa solo da consulente: diventa un alleato. Ti aiuta a leggere tra le righe, a interpretare le esigenze dei dipendenti, a rispondere in modo coerente e tempestivo.

Come scegliere un’agenzia di comunicazione per la tua comunicazione interna?

La comunicazione interna necessita di una visione strategica, qualcuno che sappia creare connessioni vere tra persone che condividono ogni giorno la stessa realtà lavorativa. Ecco perché scegliere un’agenzia di comunicazione come Rebel ha senso: perché non lavora “per” te, ma “con” te.

Non è solo creatività, è metodo, esperienza, capacità di trasformare i valori aziendali in parole (e immagini, video, format…) che ispirano, spiegano, coinvolgono. La comunicazione interna richiede ascolto, empatia, storytelling e strategia.

Qual è il vero punto di forza di un’agenzia di comunicazione?

Spoiler: non è solo il logo bello, e nemmeno il piano editoriale figo.
Il vero punto di forza è saper dare senso a ogni parola che circola in azienda, dal post-it in bacheca all’e-mail del CEO.

Rebel, in questo, è un laboratorio creativo con una direzione precisa: tradurre identità e obiettivi aziendali in messaggi chiari, coerenti e umani.
Niente comunicazione impersonale o “aziendalese”. Quello che facciamo è creare linguaggi condivisi, progettare strumenti efficaci, formare i manager a comunicare meglio.

Perché sì, le parole fanno cultura, e la cultura aziendale passa anche (e soprattutto) da lì.

Se vuoi iniziare a trasformare le chiacchiere da corridoio in cultura aziendale condivisa, forse è il momento di parlare con chi la comunicazione la fa ogni giorno, dentro e fuori le aziende.

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